Nel mirino del governo magiaro sono finite anche le librerie che, in base alla legge contro la “promozione dell’omosessualità” ai minori, sono obbligate a sigillare con la plastica i testi che trattano tematiche Lgbtq+
Dopo i mezzi d’informazione, la giustizia e l’istruzione, il governo ungherese di Viktor Orban vuole prendersi anche l’editoria. Da quando la legge contro “l’esibizione e la propaganda dell’omosessualità” nei confronti dei minori è stata approvata, due anni fa, è diventano praticamente impossibile affrontare in luoghi aperti al pubblico tematiche legate ai diritti Lgbtq+. Ora i tentacoli della censura magiara si sono estesi ai libri per l’infanzia e l’adolescenza.
Finora le librerie erano state risparmiate dalla legge sulla “protezione dei minori”. Ma da qualche mese l’autorità per la tutela dei consumatori ha cominciato a prenderle di mira. Lo scorso maggio ha multato Libri, la più grande catena di librerie ungherese, perché i punti vendita hanno esposto i testi destinati ai minori senza rispettare i requisiti previsti dalla famigerata legge del 2021, ovvero sigillati nella plastica in modo da impedirne l’apertura per vederne il contenuto.
Il gruppo Libri è proprietario anche di cinque grandi case editrici e nel giugno scorso è stato rilevato da Mathias Corvinus Collegium, una fondazione privata attiva nel campo dell’istruzione molto vicina al governo Orban, da cui viene finanziata.
Subito dopo l’acquisizione, a tutti dipendenti dei punti vendita è stata inviata una direttiva: coprire con la plastica tutti i libri che trattano i temi dell’omosessualità e della transessualità e rimuoverli dagli scaffali dedicati alla letteratura per l’infanzia, come prescrive la legge.
Lo scorso luglio è toccato a Líra, la seconda catena di librerie dell’Ungheria, a essere multata. La colpa? Aver esposto “impropriamente” nella sezione di letteratura giovanile, e per di più senza l’involucro di plastica, Heartstopper, il famoso graphic novel Lgbtq+ di Alice Oseman, trasposto anche in una serie prodotta da Netflix.
Come mostrato dalla televisione franco-tedesca Arte, che al tema ha dedicato un reportage, scrittori e attivisti ungheresi non vogliono tollerare l’ennesimo giro del governo di Budapest sulla libertà d’espressione. Ha suscitato particolare clamore l’insolita protesta di Mark Lakatos, saggista e attivista per i diritti Lgbtq+ ungherese, che su TikTok si è mostrato con un sacchetto di plastica sulla testa.
I librai che non possono permettersi di essere multati ma non vogliono sottostare alla legge hanno smesso di vendere testi per l’infanzia che trattano tematiche Lgbtq+. Altri più semplicemente li hanno spostati nelle sezioni dedicate agli adulti.
La legge anti Lgbtq+ vieta la “promozione dell’omosessualità e del cambio di genere” nei confronti dei minori sui media e nelle scuole e viene ritenuta responsabile anche dell’aumento nel Paese dei reati d’odio contro le persone omosessuali e transgender.
Da quando è stato approvato, il provvedimento ha ricevuto la dura condanna dell’Europa. Lo scorso aprile la Commissione europea ha deciso di denunciare il governo ungherese alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Sono quindici gli Stati membri che hanno aderito al ricorso dell’esecutivo comunitario contro la legge ungherese. Ma l’Italia non compare nella lista.
La Commissione Ue ha scelto la strada del ricorso davanti alla giustizia europea, dopo aver lanciato una procedura d’infrazione sulla base del divieto di discriminazione previsto dal diritto Ue, che però malgrado i negoziati con Budapest non ha prodotto risultati.
Anche Amnesty International Ungheria ha criticato aspramente la norma e l’ha paragonata alla “famigerata legge sulla propaganda” di Mosca“.
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