Vediamo quali sono state le cinque grandi estinzioni di massa che hanno cambiato notevolmente la storia del nostro pianeta
Nei passati 500 milioni di anni, il nostro pianeta ha assistito a cinque estinzioni di massa di dimensioni straordinarie: l’Ordoviciano-Siluriano, la più antica, risalente a circa 440 milioni di anni fa, seguita da quelle del Devoniano Superiore, Permiano-Triassico, Triassico-Giurassico e Cretaceo-Terziario. Ogni grande estinzione ha causato la scomparsa di almeno il 75% delle specie esistenti al tempo. L’analisi di tali eventi catastrofici e delle loro cause è cruciale per comprendere l’evoluzione della vita sulla Terra.
L’estinzione rappresenta la sparizione di una specifica popolazione di organismi, inclusi animali e piante, e si concretizza con la morte dell’ultimo individuo. Questo processo naturale, parte integrante dell’evoluzione, è il contrario della speciazione, che comporta un aumento della diversità degli organismi. Gli organismi possono estinguersi a causa di un ambiente avverso o della competizione ecologica con altre forme di vita. Quando una specie si estingue, il suo ruolo nell’ecosistema viene di solito assunto da una nuova specie o da una preesistente con maggiori capacità adattive.
Circa il 98% delle specie che hanno popolato il nostro pianeta è stimato essere attualmente estinto. Annualmente, tra 0,1 e 1 specie su un milione scompare per cause naturali, conosciute come tasso di estinzione di fondo. Nella storia geologica della Terra, il tasso di estinzione ha occasionalmente registrato valori più elevati in risposta a intense pressioni ecologiche e ambientali.
D’altro canto, le estinzioni di massa si caratterizzano per tassi di estinzione estremamente elevati. Questi eventi catastrofici, che portano alla scomparsa di oltre il 75% delle popolazioni animali e vegetali in un periodo relativamente breve, solitamente inferiore a 3 milioni di anni, hanno svolto un ruolo cruciale nella formazione dell’evoluzione della vita sulla Terra.
Come abbiamo già menzionato, nei passati 500 milioni di anni si sono verificati cinque significativi episodi di estinzione di massa. Definire con esattezza l’inizio di questi eventi e identificarne le cause scatenanti rappresenta una delle sfide più impegnative, soprattutto considerando che alcuni di questi eventi si suddividono in molteplici fasi consecutive di estinzione.
Ma vediamo nel dettaglio queste ci que grandi estinzioni di massa.
Estinzione dell’Ordoviciano-Siluriano. La prima delle cinque grandi estinzioni di massa, avvenuta durante la transizione dall’Ordoviciano al Siluriano, è considerata la seconda più grande nella storia della Terra, avendo causato la scomparsa di oltre l’85% delle specie marine. Coralli, brachiopodi e trilobiti sono tra gli organismi maggiormente colpiti dalla crisi ecologica.
L’evento, che si è verificato tra 445,2 e 440,8 milioni di anni fa, si è suddiviso in due fasi distinte le cui cause sono ancora oggetto di discussione. Secondo l’interpretazione tradizionale, la prima ondata di estinzione coincide con l’avvento di una fase glaciale (Hirnantiano). L’espansione di un vasto ghiacciaio nell’emisfero meridionale, ubicato sul bordo nordafricano del continente Gondwana, avrebbe provocato un abbassamento del livello del mare di diverse centinaia di metri, causando la distruzione degli habitat marini poco profondi, nonché la perdita delle comunità bentoniche. La seconda fase di estinzione coincide con la fusione dei ghiacciai e l’emergere di condizioni di anossia (carenza di ossigeno) negli oceani, accompagnate da un aumento relativo delle concentrazioni di metalli pesanti. Il cambiamento nella chimica delle acque avrebbe determinato lo sviluppo di un ambiente ostile, con conseguente estinzione delle specie adattate alla precedente fase glaciale.
Nonostante ciò, studi recenti suggeriscono che l’estinzione potrebbe essere stata innescata dall’intensa attività vulcanica di una “Large Igneous Province” (grande provincia ignea), sebbene il meccanismo preciso e la connessione con la fase glaciale rimangano poco chiari.
Estinzione del Devoniano Superiore. L’estinzione del Devoniano Superiore, sebbene non sia la più devastante, è sicuramente la più intricata tra le cinque grandi estinzioni. Una serie di crisi ecologiche ravvicinate ha caratterizzato il Devoniano Superiore (382-358 milioni di anni fa), determinando tassi di estinzione ben superiori al normale e una significativa perdita di biodiversità (oltre il 75% di tutte le specie). Gli organismi maggiormente colpiti furono quelli di acque calde poco profonde, come i coralli tabulari, ma l’estinzione ha anche colpito diversi gruppi di ammoniti, conodonti (creature simili alle anguille moderne), brachiopodi, molte specie di trilobiti e cefalopodi. Tra i gruppi affetti dall’estinzione vi sono anche gli ostracodermi (pesci senza mandibola) e i placodermi (pesci corazzati, noti per le loro piastre protettive). Gli effetti dell’estinzione sulla terraferma non sono ancora del tutto chiari, ma si ritiene che siano stati meno gravi rispetto all’ambiente marino. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che l’estinzione del Devoniano abbia colpito duramente i nostri antenati tetrapodi.
Svariati fattori sono stati considerati per spiegare la crisi del Devoniano Superiore. Numerosi scienziati sostengono che le elevate emissioni di gas serra derivanti dal vulcanismo delle grandi province magmatiche abbiano causato un prolungato periodo di riscaldamento globale e degrado ambientale. Al contrario, un’altra teoria suggerisce che la diversificazione delle piante e l’aumento dei processi di fotosintesi abbiano sottratto ingenti volumi di CO2 dall’atmosfera, innescando così un processo di raffreddamento globale, culminato in una fase glaciale alla fine del periodo Devoniano.
Altri scienziati attribuiscono l’estinzione a cause extraterrestri, come impatti meteorici. Studi recenti hanno individuato prove di un aumento dell’esposizione alle radiazioni ultraviolette in fossili di spore del Devoniano che potrebbero indicare un possibile assottigliamento dello strato di ozono nell’atmosfera e una pericolosa esposizione alle radiazioni solari. Molti scienziati ritengono che l’erosione dell’ozono possa essere stata un risultato del riscaldamento globale, mentre altri ricercatori indicano l’esplosione di una supernova vicina come la causa principale.
Estinzione del Permiano-Triassico. Circa 251,9 milioni di anni fa, la vita sulla Terra fu sull’orlo dell’estinzione totale. Durante quella che è conosciuta come la più devastante tra le estinzioni di massa, avvenuta al passaggio tra il periodo Permiano e Triassico, oltre il 95% delle specie animali e vegetali presenti sul pianeta scomparve.
Tra gli esseri viventi del regno animale, gli invertebrati marini delle regioni tropicali subirono le perdite più significative. Trilobiti, coralli, crinoidi, blastoidi e briozoi furono particolarmente colpiti, così come ammoniti e foraminiferi. Tuttavia, l’estinzione del Permiano non si limitò agli invertebrati marini. Diversi gruppi di vertebrati, tra cui gli acantodii (antichi parenti dei moderni squali), scomparvero. Sulla terraferma, diverse famiglie di anfibi, sauropsidi e terapsidi (antenati dei mammiferi) subirono declini significativi. Inoltre, l’estinzione colpì duramente il mondo degli insetti, che aveva conosciuto un’esplosione di diversificazione durante il Permiano, così come il mondo vegetale.
Attualmente, gran parte della comunità scientifica attribuisce l’estinzione all’attività della Siberian Traps Large Igneous Province, una vasta regione magmatica situata nel nord della Siberia. Si ritiene che l’intensa attività vulcanica in questa regione abbia causato il rilascio di enormi quantità di gas serra nell’atmosfera, portando a un riscaldamento globale. I cambiamenti ambientali ad esso derivati, tra cui l’acidificazione delle piogge, l’anossia oceanica e l’incremento dell’erosione superficiale e del trasporto di sedimenti verso gli oceani, avrebbero contribuito alla destabilizzazione degli ecosistemi marini e terrestri, rendendo gli habitat sfavorevoli alla vita.
Estinzione del Triassico-Giurassico. Circa 201,4 milioni di anni fa, l’evento di estinzione alla fine del Triassico segnò la scomparsa di circa il 76% di tutte le specie marine e terrestri. Sebbene sia il quarto evento più grave mai registrato, si ritiene che questa estinzione, insieme all’evento pluviale Carnico che l’ha preceduta, abbia svolto un ruolo fondamentale nel consentire ai dinosauri di diventare gli organismi dominanti a partire dal successivo periodo Giurassico.
Tra gli organismi marini più colpiti vi sono i conodonti, molte specie di ammoniti, brachiopodi, gasteropodi, bivalvi, spugne e rettili marini. Sulla terraferma, la maggior parte della fauna di vertebrati scomparve, lasciando sopravvivere solo i dinosauri, gli pterosauri, i coccodrilli, le tartarughe e alcuni mammiferi. Il mondo vegetale non sembra essere stato colpito duramente da questo evento.
La causa dell’estinzione del Triassico superiore è ancora oggetto di dibattito. Inizialmente, si ipotizzò che l’estinzione fosse stata causata dall’impatto del meteorite che aveva formato il cratere di Manicouagan, nel Quebec. Tuttavia, diverse datazioni indicano che il cratere sia circa 10 milioni di anni più antico dell’estinzione stessa, escludendo quindi la sua influenza diretta sulla crisi ecologica.
Una delle cause più plausibili della crisi ecologica del Triassico superiore è l’inizio dell’attività vulcanica della Central Atlantic Magmatic Province (CAMP), una delle più grandi province magmatiche conosciute. La sua attività iniziale, associata alla rottura del supercontinente Pangea lungo il margine orientale dell’America e quello nordoccidentale dell’Africa, si stima abbia causato l’emissione di oltre 100.000 gigatonnellate di anidride carbonica, avviando una fase di riscaldamento globale con un aumento delle temperature di circa 10-15 °C, destabilizzando così gli habitat marini e terrestri. Alcuni studi suggeriscono che i cambiamenti ambientali e climatici potrebbero essere stati accelerati anche dalla liberazione di grandi quantità di metano intrappolato nel permafrost.
Estinzione del Cretaceo-Terziario. L’estinzione avvenuta al confine tra il Cretaceo e il Terziario, circa 66 milioni di anni fa, è probabilmente la più nota tra tutte le estinzioni di massa, poiché ha causato la scomparsa dei dinosauri. In realtà, più del 75% delle specie animali viventi in quel periodo si estinse. In ambiente marino, ammoniti e belemniti (cefalopodi) si estinsero, così come le rudiste, molluschi costruttori di reef, scomparvero completamente. Le piante non furono risparmiate, con la scomparsa di numerose specie di angiosperme. Tra i sopravvissuti, invece, figurano diversi gruppi di rettili, tra cui tartarughe, coccodrilli, lucertole, serpenti, nonché anfibi e mammiferi.
Diverse ipotesi sono state proposte per spiegare l’estinzione dei dinosauri, tra cui l’esplosione di una supernova e un’epidemia. Tuttavia, dagli anni ’80, l’attenzione si è concentrata sulla teoria dell’impatto. Questa ipotesi sostiene che un corpo celeste largo circa 10 chilometri avrebbe colpito la Terra circa 66 milioni di anni fa. Il cratere d’impatto è stato identificato nella penisola dello Yucatán, vicino a Chicxulub, in Messico, ed è ampio circa 150 km.
La devastazione fu immediata nelle aree circostanti a causa dell’intenso calore generato dall’impatto. Terremoti e tsunami si susseguirono su scala globale, insieme a incendi scatenati dalla caduta di frammenti ardenti. Un’enorme quantità di detriti rocciosi fu liberata nell’atmosfera, avvolgendo la Terra nell’oscurità per diversi mesi, se non di più. Senza la luce solare in grado di penetrare questa nube di polvere, la fotosintesi cessò, portando alla morte delle piante verdi e alla rottura della catena alimentare. Questo processo innescò il collasso dell’ecosistema che portò all’estinzione.
Nonostante le numerose prove a sostegno della teoria dell’impatto, alcuni scienziati, tuttavia, suggeriscono che la causa dell’estinzione dei dinosauri andrebbe ricercata altrove, e in particolare nell’attività della Deccan Large Igneous Province, in India.
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