L’Età del Ferro è stato un periodo dinamico, che ha visto l’espansione delle colonie greche e fenicie nonché la crescita di Cartagine come potenza marittima dominante del Mediterraneo.
La maggiore facilità dei viaggi a lunga distanza, grazie ai progressi della navigazione, avevano favorito gli spostamenti e creato nuove reti per il commercio, la colonizzazione e i conflitti.
Ma come funzionavano i viaggi e gli spostamenti tra l’Italia e l’Africa durante quest’epoca? Grazie a un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, oggi siamo in grado di poter rispondere a questa particolare domanda grazie a una profonda analisi che ha rivelato delle soluzioni su questo periodo storico.
I risultati dello studio, – condotto dall’Università americana di Stanford con la collaborazione della Sapienza di Roma, Museo delle Civiltà di Roma, Museo Nazionale Etrusco di Tarquinia e Soprintendenza Archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro -, guidato da Hannah Moots – ora all’Università di Chicago – evidenziano l’estrema interconnesione delle popolazioni del Mare Nostrum.
Un lavoro internazionale che è andato a indagare il periodo storico che va dalla fine del II millenio a tutto il I millenio a.C attraverso il DNA, il quale è riuscito a raccontare la storia dei viaggi avvenuti nell’Età del Ferro: il racconto infatti è scritto nel genoma di 30 individui che abitavano la città di Sant’Imbenia in Sardegna, di Tarquinia e di Kerkouane in Tunisia.
L’alto numero di individui con ascendenze nord-africane nell’Italia centrale può riflettere gli stretti legami tra Cartagine e la regione abitata dagli etruschi come, allo stesso modo, la presenza a Kerkouane di diversi individui simili a popolazioni italiane e greche suggerisce un movimento bidirezionale all’interno del Mediterraneo.
Il dato più interessante è che, sia a Kerkouane che a Tarquinia, sono state riportate alla luce le spoglie di esseri umani che erano stati sepolti insieme, ma che al contempo avevano antenati diversi e geograficamente distanti. Una condizione che non ha comportato un trattamento differenziato nelle celebrazioni funerarie che, per i popoli antichi, erano rilevanti e sacre.
Per mezzo di Comunicato Stampa, Michaela Lucci della Sapienza, uno dei primo co-autori della ricerca, ha fatto sapere che: “La possibilità di analizzare dati di siti limitrofi dell’Età del Bronzo di Sardegna ed Italia centrale ci ha permesso di avere una precisa indicazione sul modello del popolamento di queste due aree”.
Al contrario, le informazioni sulle comunità nordafricane dell’Età del Ferro sono molto limitate. Il motivo è da ritrovare nel fatto che il materiale genetico mitocondriale di un individuo proveniente da Cartagine è attualmente l’unico dato esistente sul Dna antico della regione che ha permesso di ricostruire i vari spostamenti.
A tal proposito Alfredo Coppa della Sapienza, senior author dell’articolo, ha spiegato che: “L’ascendenza subsahariana che osserviamo a Kerkouane può derivare da un contatto diretto o indiretto con le popolazioni nomadi del Sahara. L’Età del Ferro potrebbe essere stata un periodo chiave anche per il flusso genetico attraverso il Sahara, e questo sembra essere uno scenario di grande attualità”.
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