Le ripercussioni sul fronte economico e sulla sicurezza nazionale
Come ha insegnato l’Ucraina, le conseguenze di un conflitto non conoscono frontiere e si riverberano rapidamente a livello globale. E il conflitto riesploso lo scorso sabato tra Israele e i miliziani di Hamas che controllano la Striscia di Gaza non fa eccezione. Ricadute di ordine economico ma anche di sicurezza nazionale.
Un aspetto, quest’ultimo, tanto più avvertito in un Paese come l’Italia, dove vive una nutrita comunità ebraica, stimata intorno alle 30mila persone, e dove il dossier israelo-palestinese resta ancora oggi una materia divisiva capace di polarizzare il dibattito.
Il fronte sicurezza: innalzato il livello di allerta
Non a caso oggi il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha avvertito che il “contesto internazionale è critico e preoccupante”. Di conseguenza “c‘è grande attenzione sul fronte della prevenzione” e “il massimo impegno degli apparati dello Stato per tutelare la sicurezza dei cittadini. Tutte le prefetture hanno già disposto il rafforzamento delle misure a protezione degli obiettivi ritenuti sensibili e del dispositivo di prevenzione generale“, ha detto al quotidiano Avvenire. Insomma “ci attende una fase difficile”.
Del resto domenica scorsa, all’indomani dell’attacco sferrato dai miliziani contro Israele, il capo della Polizia Vittorio Pisani ha diramato una circolare con cui dispone l’innalzamento dei livelli di allerta. “Si rende necessario rafforzare i servizi di vigilanza e controllo del territorio a carattere generale e sensibilizzare con effetto immediato le misure di vigilanza e sicurezza a protezione degli obiettivi diplomatico-consolari, religiosi, culturali, economici e commerciali israeliani, ebraici e palestinesi e di ogni altro sito e/o interesse ritenuto a rischio per la circostanza“.
La premier Meloni visita sinagoga di Roma: “Intensificheremo protezione”
Proprio oggi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha visitato la sinagoga di Roma per esprimere la propria solidarietà alla comunità ebraica. “Penso che difendere il diritto all’esistenza e alla difesa di Israele significa difendere questi giovani, questi bambini, queste donne e credo che chiaramente bisogna intensificare la protezione dei cittadini di religione ebraica anche sul nostro territorio perché il rischio di emulazione degli atti criminali da parte di Hamas potrebbe arrivare anche da noi. Quindi sono qui a dire che difenderemo questi cittadini, da ogni forma di antisemitismo”, ha detto la premier al rabbino capo Riccardo Di Segni.
Informativa ministro Tajani al Parlament
Questa mattina il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha riferito riferisce alla Camera sulla situazione in Israele: “Gli italiani residenti in Israele sono 18mila, circa mille con doppio passaporto sono arruolati per il servizio di leva. A Gaza ci sono 10 italiani, di cui una bambina di due anni. Purtroppo, non abbiamo ancora notizie dei coniugi italo-israeliani ancora dispersi, probabilmente presi in ostaggio: faremo il possibile per trovarli e portarli in salvo. Riteniamo siano circa mille i viaggiatori temporanei presenti in Israele, stamani ne sono partiti 200 con voli militari, 180 dovrebbero partire oggi pomeriggio”, ha spiegato il capo della Farnesina
Il vice premier e leader di Forza Italia si è anche augurato che il Parlamento potesse trovare un’intesa su una mozione unitaria che mettesse d’accordo maggioranza e opposizioni. Ma così non è stato. L’ipotesi di un testo unitario è sfumata sul nodo degli aiuti alla popolazione di Gaza: per le opposizioni va assunto l’impegno a sostenere con cibo, acqua e altri generi di necessità, i civili palestinesi che, viene sottolineato, “sono altra cosa rispetto ad Hamas che va condannata senza se e senza ma”.
Il fronte economico
Se per il Fondo monetario internazionale “è ancora troppo presto” per capire gli effetti sull’economia del conflitto, il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti già vede nero. “L’incertezza che caratterizzava il contesto esaminato nell’ambito del Def non si è diradata. Al contrario, ha contribuito a determinare un generale rallentamento dei ritmi di crescita globali. In questo contesto si inseriscono i recenti eventi che hanno caratterizzato l’area mediorientale, che aggiungono ulteriore instabilità ad un quadro già reso complicato da conflitti e tensioni geopolitiche“, ha detto in audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sulla Nadef, la Nota di aggiornamento al Def.
Il nodo energia: gas e petrolio
Memori dell’impennata dei prezzi di gas e petrolio dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio del 2022, l’osservatore speciale è l’energia. C’è il rischio molto fondato che la crisi in Medio Oriente si ripercuota sulle bollette e sui prezzi dei carburanti, innescando una spirale inflazionistica.
Secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, i venti di guerra che spirano da Israele e Gaza possono avere ricadute sull’“approvvigionamento di gas e petrolio”. Gli analisti di Goldman Sachs invece ritengono “improbabile un effetto immediato di grande portata a breve termine” sulla dinamica tra domanda e offerta e sulle scorte di petrolio.
A lanciare l’allarme sono piuttosto le associazioni dei consumatori, in testa Assoutenti che paventa “ripercussioni dirette per le tasche degli italiani” con un rialzo fino al 15% su luce e gas.
Sul fronte petrolio, se la guerra si trascinasse a lungo e si allargasse al Golfo Persico, secondo il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, il rialzo dei prezzi potrebbe essere “senza fine”, con ipotesi estreme di 150 dollari al barile di greggio e di 2,5 euro al litro di benzina.
I mercati per ora restano perlopiù a guardare gli sviluppi sul campo. Secondo Benjamin Melman di Rothschild, i fari sono puntati in particolare sulle prossime mosse dell’Iran, membro Opec e grande produttore di petrolio. Una fra tutte, Teheran potrebbe togliere dal mercato quantità tali da far esplodere i prezzi del greggio.
Sul fronte gas, all’orizzonte di profila un caso Algeria, il Paese su cui l’Italia ha puntato negli ultimi due anni per smarcarsi dalle importazioni di metano russo (più che dimezzate al 15%) dopo l’invasione dell’ucraina. Secondo i dati Arera, il Paese nordafricano ora è il nostro primo fornitore con circa il 36% del totale dell’import.
Destano perciò preoccupazione le dichiarazioni del ministero degli Esteri algerino – in netto contrasto con la posizione del governo italiano – che ha condannato con “forza la politica e le pratiche” di Israele nella Striscia di Gaza, definendole “attacchi brutali” e una “violazione delle più elementari regole umanitarie e dei riferimenti di legittimità internazionale”.