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Curiosità

Guerra del Kippur, perché è avvenuta e quali conseguenze ha avuto

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Federico Liberi

Esattamente 50 anni fa scoppiava una guerra breve, ma improvvisa: quella del Kippur. Vediamo la storia di questo evento drammatico

Il 6 ottobre 1973 segnò l’inizio della guerra dello Yom Kippur, scontro che coinvolse Siria, Egitto e Israele. Questo conflitto si rivelò come la più significativa nella regione del Medio Oriente fino alla guerra del Golfo e contribuì alla crisi petrolifera del 1973. L’embargo sulle esportazioni di petrolio verso i paesi occidentali aggravò ulteriormente la crisi economica che già colpiva l’Europa e gli Stati Uniti in quegli anni. Ma vediamo tutto ciò che c’è da sapere a proposito di questo conflitto.

Guerra del Kippur, le cause e le conseguenze dell’evento

La situazione attuale nel Medio Oriente, sebbene notevolmente cambiata, presenta alcune analogie con l’ottobre del 1973. Recentemente, Israele ha espresso minacce sempre più chiare nei confronti dell’Iran, un gesto che gli analisti ritengono potrebbe scatenare una guerra regionale in tutto il Medio Oriente. Tale crisi potrebbe innescare nuovamente una crisi petrolifera, aggravando ulteriormente la situazione economica attuale. Gli eventi recenti tra Turchia e Siria, guidata dal figlio del dittatore responsabile della guerra nel 1973, minacciano anch’essi una simile crisi, mentre la nuova leadership egiziana ha raffreddato i rapporti con Israele, che si erano migliorati dopo la guerra dello Yom Kippur.

Foto | Photo by Fotografo dell’unità del portavoce dell’IDF licensed under CC 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/) – Fortenews.it

Quali furono le cause dello scoppio del conflitto nel ‘73? Alla radice del conflitto si trova uno dei problemi ancora irrisolti nella questione israeliana, ovvero i confini del ‘67. Si fa riferimento a quei territori che Israele annesse in seguito alla Guerra dei sei giorni, un attacco preventivo lanciato contro Egitto, Giordania e Siria nel 1967. In seguito a questa breve guerra, Israele conquistò il Sinai, le alture del Golan a nord e la Cisgiordania, comprendente la parte occidentale del fiume Giordano e Gerusalemme est (escludendo il Sinai e la Cisgiordania, che sono ancora sotto il controllo di Israele).

A spingere alla guerra nel 1973 furono Anwar Sadat, dittatore egiziano che aveva di recente preso il posto di Abdel Nasser, e Hafez al-Assad, dittatore siriano e padre dell’attuale Bashar al-Assad. Entrambi erano leader nazionalisti laici, sostenitori del movimento panarabo, basato sull’identità etnica araba piuttosto che sulla religione musulmana. Questo movimento aveva dato vita a vari esperimenti, tutti fallimentari, come la Repubblica Araba Unita (l’unione tra Siria ed Egitto durata tre anni) e successivamente la Federazione delle Repubbliche Arabe.

Entrambi i paesi si trovavano in una difficile situazione economica, affrontando opposizione dalle minoranze religiose interne (specialmente i Fratelli musulmani in Egitto) e spinti dalla base del loro consenso, costituita da ceti istruiti e nazionalisti, a riprendersi i territori persi durante la guerra del 1967. Quando, con la conferenza di Oslo, le grandi potenze decisero di mantenere lo status quo nel Medio Oriente, Sadat e Assad presero la decisione di un attacco a sorpresa contro Israele.

Il 6 ottobre fu scelto come data per l’attacco, corrispondente al giorno dello Yom Kippur, la festività più solenne del calendario ebraico, in cui i fedeli osservano la preghiera e il digiuno. L’attacco, quasi completamente inaspettato, colse di sorpresa e letteralmente a digiuno l’intero esercito israeliano, causandogli gravi perdite. In modo curioso, quell’anno lo Yom Kippur coincise con il Ramadan, e di conseguenza anche le truppe siriane ed egiziane erano a digiuno.

L’azione militare ebbe inizio alle 14 del 6 ottobre 1973. Quella mattina, Golda Meir, primo ministro israeliano, si riunì con i suoi generali. Fu avvertita che, probabilmente, Siria ed Egitto, e forse anche la Giordania, avrebbero lanciato un attacco a breve. Le fu chiesto se avrebbero dovuto attuare il piano previsto per tali situazioni, simile a quello utilizzato nel ’67: un attacco preventivo su vasta scala. Meir rifiutò, sostenendo che se avessero attaccato per primi, avrebbero perso l’opportunità di ottenere aiuti dall’Occidente.

In seguito a quella riunione, venne dato l’ordine di mobilitare parte dell’esercito, ma l’attacco fu comunque una sorpresa quasi perfetta. Gli egiziani, provenienti da ovest, oltrepassarono il canale di Suez che divideva il Sinai occupato dall’Egitto, portando 100.000 uomini e circa 1.500 carriarmati sulla sponda israeliana nel primo giorno di ostilità. I siriani ottennero un successo simile, riuscendo ad occupare le alture del Golan nel primo giorno di combattimenti.

Lo shock per l’intero paese fu così grande che questa settimana il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto: “Ogni anno, quando cade lo Yom Kippur, i nostri pensieri non possono fare a meno di andare alla guerra dello Yom Kippur“. La popolazione israeliana all’epoca viveva nel mito della capacità dell’esercito, in particolare della sua aviazione con moderni aerei americani, di fermare anticipatamente qualsiasi tentativo di invasione. Tuttavia, l’impianto di missili antiaerei sovietici, gli stessi che in Vietnam abbatterono l’aereo dell’ex candidato alla presidenza John McCain, quasi annullò il vantaggio israeliano, costringendo il paese a combattere una sanguinosa guerra di terra.

Soprattutto nei primi giorni, le perdite israeliane furono gravi. I carriarmati israeliani furono lanciati contro le divisioni egiziane e siriane nel disperato tentativo di rallentarne l’avanzata, mentre il resto dell’esercito veniva mobilitato. Molte unità di carristi israeliani persero la vita a causa delle nuove armi anticarro sovietiche. Intanto, nelle città israeliane c’erano continui blackout e ogni giorno le sirene suonavano per avvertire dell’arrivo degli aerei egiziani e siriani. Per qualche giorno, agli israeliani sembrò che la guerra potesse portare alla sconfitta e, forse, alla fine del loro stato.

Nel giro di una settimana, però, l’esercito israeliano riuscì a riorganizzarsi e a sfruttare la sua superiorità organizzativa e tecnologica. Le alture del Golan vennero riconquistate, e il 14 ottobre, dopo una settimana di combattimenti durissimi, alcuni carriarmati israeliani oltrepassarono il canale di Suez entrando in territorio egiziano. Il contrattacco era guidato dal generale Ariel Sharon, che molti anni dopo divenne primo ministro del paese. Fu un evento che in Israele venne celebrato come una festa nazionale. Otto giorni dopo, la risoluzione 338 dell’ONU impose il cessate il fuoco. Le ostilità terminarono definitivamente il 28 ottobre, quando ormai le divisioni israeliane erano pronte a puntare sul Cairo.

Quali furono le conseguenze di questo conflitto? In 22 giorni di combattimento persero la vita circa 15 mila soldati, poco più di duemila israeliani, e circa 40 mila furono feriti. Nonostante la sconfitta finale, i successi iniziali dell’esercito egiziano contribuirono a ridare fiducia ai nazionalisti egiziani, che trattarono la pace da pari con Israele, ottenendo la smilitarizzazione del Sinai. Anche se molti leader arabi ritenevano che Israele non potesse essere battuto militarmente, questo diede un forte impulso alle trattative di pace.

L’Egitto cominciò a normalizzare i rapporti con Israele dopo la guerra, e la firma del trattato di pace nel 1979 portò all’espulsione dell’Egitto dalla Lega Araba, che durò fino al 1989. Pochi anni dopo la firma della pace, il dittatore egiziano Sadat fu ucciso in un attentato. I paesi produttori di petrolio, in risposta all’aiuto americano concesso ad Israele, avviarono un embargo verso gli Stati Uniti e molti altri paesi occidentali, protrattosi fino al 1974. Il prezzo del petrolio aumentò del 400%, causando la crisi energetica del ’73, che ebbe effetti anche in Italia e segnò la fine del periodo di rapida crescita economica iniziato negli anni ’50.

Federico Liberi

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